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Infodemia e Coronavirus: le buone notizie ‘non vendono’. Polemiche e fake news stimolano caos.

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Il Coronavirus ha stravolto le nostre abitudini ed ha evidenziato tutte le nostre debolezze

Il coronavirus ha stravolto le abitudini, è cambiato il modo in cui lavoriamo, socializziamo, studiamo e in cui svolgiamo quasi tutte le nostre attività quotidiane. Ma purtroppo ha enfatizzato anche le nostre debolezze, i nostri desideri, le nostre insofferenze, le invidie, la voglia di distrarsi e di sfogarsi.

La pandemia ha confermato, se mai ce ne fosse bisogno, che il mondo dell’informazione è ormai inquinato dalla diffusione di fake news. Una quotidiana massa di articoli che giocano con le emozioni delle persone, alimentando paura e false speranze. L’elenco delle bufale è quasi interminabile: dai benefici dell’aspirina C per combattere la malattia, alla creazione artificiale del virus a Whuan e persino al fantasmagorico coinvolgimento di Bill Gates (uno dei più grandi benefattori) nell’interesse di creare il virus!

Molte false notizie non sono partorite e diffuse solo per schernire, offendere o diffondere false convinzioni: talvolta i creatori di fake news ci credono per ignoranza o dogmi ideologici. Alcune bufale vengono pubblicate ad arte per conseguire veri e propri vantaggi economici e commerciali. Per aumentare o diminuire il prezzo delle merci. Oppure per accreditare i propri prodotti.

La forte carica emotiva delle fake news

Le bufale non corrono solo su internet: abbracciano tutti gli strumenti di diffusione, comprese le televisioni e testate importanti di giornali, che talvolta ne cavalcano l’onda spesso solo a fini politici e destabilizzatori.

Il loro unico scopo è quello di seminare il falso, raggiungendo il numero massimo di lettori, tramite la condivisione di contenuti sui social. Si crea così un’eco tra un post e l’altro, sfruttando l’emozione degli utenti che commentano impulsivamente (senza mai controllare le fonti dell’informazione).

Si inoltrano senza alcun spirito critico i post, i video o i loro commenti, diffondendo per faciloneria o ignoranza, la fake news anche sulla pagina del loro social network, condividendo e diffondendo così la loro ‘carica emotiva e disinformativa’ ad altri conoscenti.

Disinnescare questa onda diventa così impossibile e quando la smentita arriva, l’effetto si è già manifestato.

La pubblica smentita non basta, le conseguenze si sono già evidenziate. La drammatizzazione ha alimentato ancora di più le tensioni e ha inasprito il sentimento della popolazione, raggiungendo un livello più alto di sfiducia e conflittualità.

Anche molti giornalisti hanno dimenticato i loro doveri deontologici, specie quelli dell’essenzialità dell’informazione e della neutralità nei racconti.

In questo periodo è emerso che l’animo umano è molto sensibile alla infodemia

Anche le forze politiche si sono ben accorte quanto quest’arma, che ben gestita per le proprie finalità, influenza bene il sentimento della popolazione, le idee e le aspettative. Usando così i social come timone per i loro meri scopi speculativi.

Facebook, WhatsApp e Twitter provano a mettere un freno alle fake news che circolano sui social sul virus. E lo fanno stringendo le regole, notoriamente lassiste in materia di linguaggio.

Ecco dunque il divieto chiaro ai suoi iscritti di pubblicare informazioni fuorvianti su Covid-19, contrari alle linee guida offerte dalle fonti autorevoli in tema di salute pubblica. Ma si sa come l’enorme quantità delle bufale e la loro straordinaria ed immediata efficacia sensazionalistica ‘buca’ subito, ottenendo il risultato desiderato. La loro eliminazione è sempre tardiva, lo scopo è già stato raggiunto!

Come verificare sempre la veridicità dell’informazione

Un contributo alla lotta delle fake news lo sta dando ‘NewsGuard‘, una startup americana che ha sviluppato una interessante metodologia per la valutazione dell’affidabilità dei siti di notizie online, basata su nove criteri giornalistici riconosciuti dal mondo dell’informazione. In Italia esiste solo il sito UTAC (www.m.butac.it) ma non è assiduo ed aggiornato.

Comunque, le normative vigenti dovrebbero consentire già di contrastare efficacemente la diffusione di notizie false e dannose. Le bufale sono già oggi punibili, anche se non c’è un reato di “diffusione di bufale”. Il nostro ordinamento prevede varie norme penali alle quali si può ricorrere a seconda del tipo, della gravità e della finalità della fake news.

Si tratta di reati che però non appaiono richiedere da parte dell’imputato, il dolo e la consapevolezza della falsità della notizia o della insussistenza dell’allarme generato nell’opinione pubblica. Può quindi essere perseguito penalmente (teoricamente) anche chi in buona fede condivida la bufala pubblicata da un giornale od un conoscente.

La pubblicazione di bufale può essere volta a danneggiare singole persone, offendendo la loro reputazione, anche con la falsa attribuzione di fatti determinati. In tal caso si configura il delitto di diffamazione.

Insomma, chi diffonde fake news, rendendosi, più o meno consapevolmente, responsabile della infodemia dilagante dovrebbe quindi prestare più attenzione a ciò che fa.

Ignoranza e cattiveria stanno permeando la nostra società

In questo periodo difficile, dobbiamo essere ancora più cauti davanti ai titoli, non dobbiamo credere a tutto quello che ci viene propinato senza controllare le fonti o senza informarci sul contesto. In questo momento così delicato, la diffusione di informazioni fuorvianti e l’istigazione all’odio sono l’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno.

Oggi più che mai, è importante verificare le informazioni per poi elaborarle nel modo corretto, altrimenti incorreremo sempre più spesso in altri incidenti analoghi e non vogliamo di certo vivere in un mondo simile.

Imparare a difendersi oggi è più importante che mai. Più di questo virus, dobbiamo stare attenti a ignoranza e cattiveria che pare stia dilagando velocemente.

 

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